Anche quella mattina lei stava stendendo i panni sulla terrazza.
Approfittava sempre del sole di mezzogiorno, così caldo che sembrava l’abbracciasse. Aveva il suo vestito preferito, quello con quei grandi fiori, tanto di moda in quegli anni, che la faceva sentire bella.
Quando scostò le lenzuola si accorse che l’aveva raggiunta sua madre con degli ospiti inattesi e tra loro c’era anche lui.
Iniziò così: già al suo primo sguardo sentì arrossire la pelle del viso e sperò che non si notasse. Ma lui lo notò e fu conquistato da quel rossore…
Come amava le domeniche, quando la portava con sé. Aspettava tutta la settimana per poter salire nella sua macchina e quando le chiedeva di cantare per lui, lei lo faceva con entusiasmo e si sentiva così felice, così viva…
Non voleva che lui lasciasse la sua famiglia perché aveva dei figli e lei non voleva ferirli. Le bastavano i loro piccoli bellissimi momenti che collezionava dentro e riguardava come foto in un album che riempiva ogni giorno.
Quell’album era destinato a raccogliere anche pagine buie. Come quella volta che la moglie di lui le gridò contro come una pazza, o peggio, quella volta in cui la sua stessa famiglia la condannò e la minacciò.
Ma non si può scegliere chi amare.
E non si può nemmeno smettere. Così continuò ad amarlo anche quando lui morì.
A volte aveva la sensazione che fosse lì con lei. Una sera le sembrò di vederlo dalla finestra e, quando lo chiamò, un calzino steso si staccò dal filo e volò per un po’ con il vento. Era così sicura che fosse lui…
Non poté partecipare al suo funerale. Aspettò paziente per andare al cimitero.
Non sapeva dove fosse la sua tomba, così lasciò i fiori sul cancello con il suo biglietto:
“Mi avevi promesso che non te ne saresti mai andato. Bugiardo.”
Un giorno, prima di andarsene anche lei, mi ha raccontato questa storia e io l’ho scritta.
Le parole sono un ottimo strumento per fermare nel tempo i nostri pezzi migliori.